Il libro
Come spiega Stefano Verdino nella prefazione, «questo volume ha tre sezioni: se la prima, che riprende la citazione pucciniana È così dolce il suon della tua voce, è coniugale e costituisce certo l’eminenza e il fulcro, le altre due sono connesse diramazioni e intersezioni in cui il privato può diventare anche civile, e penso al bel tombeau per Nanni Russo, politico savonese, con la sua fede nel Vangelo e nella Costituzione. Così Eredità d’affetti allinea soprattutto interlocuzione familiare tra passato e futuro, con la vivace memoria dei genitori istriani ed “esuli orgogliosi”; infine Verità dei segni proietta quanto abbiamo ascoltato in più vari scenari, in cui è anche possibile la preghiera a “Tu che ci dai la mente che si pensa / materia che fa l’anima e la vede” e la preghiera riguarda il “non farmi ritornare dentro il cerchio / dal quale sono uscito finalmente / per vivere con lei, dammi, concedi / il paradiso di restare insieme / nei secoli dei secoli dei giorni / e della lunga notte senza fine”».
L’autore
Adriano Sansa (Pola, 1940), esule dall’Istria insieme alla famiglia, ha trascorso l’infanzia tra Polcenigo, Aviano, Grado, Agordo, giungendo infine in Liguria. Dopo la Laurea in Giurisprudenza conseguita a Genova, ha lavorato come magistrato ed è stato sindaco della città dal 1993 al 1997. Tra le precedenti raccolte di poesie: Vigilia (Sabatelli, 1967), La casa a Sant’Ilario (Resine, 1977), Affetti e indignazione (Scheiwiller, 1995), La speranza del testimone (il melangolo, 2010). È stato condirettore della rivista «Resine. Quaderni liguri di cultura».
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